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e ch' io avea tanto caro que! refpiratci
óÓore . Giufiina mia , egli m' ha udita ... Chi ;
Padr<ina? ... Chi? oh! nol fai
tu ? Tti m' hai
flracca. Lafciami . Ma egli dce pur
fa
pere ;
poichºe prefente, che non fono i fiori quelli ,
ch'io defidero. Ah! quanto piu grata era lafua
vo~e
! e qua nto di pit't mi toccava il cuore ! E
quellc fue farrezze , quelle fattezze divine!
Oh!
inutili defiderii ! Oime ! ch'
io non lo vedrb
mai .. In buona fede, Padrona mia , che di cio
non c·
e
apparenza . • Tu mi fai difperare • Di–
rai tu Ghe queflo fia volermi benc, invidiarmi,
e volermi far difparire affatto queflo dolciffimo
e lufinghevole inganNO !
So
)
ch' egli e
tale e
t:osl debbo creciere, che fia; ne fono una barn–
bina .. Ma tuttavia /'odore del/e cofe .• •
lo
Id
fento pu re: cd
e
elfettivo
t
e rea/e ; rle <juefla
pero e la flagione di Cota/i fiori.. Che volere
voi , ch' io vi dica . Padrona? E' grandiffirtJo
i/
mio defiderio di cornpiacervi
¡
ma con
tutto
cio elfo non mi puo far credere, che un fogno
fü
una veril
a . . . ..
Sicche, quella giovane ,
no/ credete . Apparecchiate qua nt' occorre ,
ch'
io intendo di vefli rmi. Tróvorni cosi confufa,
cosl
comtno{fa , ch' io n' atroffifco , e
11011
fo
a–
vere quiete.
Victoria, Sig'no'r mio, difse GiuHina quanda
torno
a:
vcdere il Vo/ange: Fatto
e
l'
appunta–
rnento a/la venuta del Silfo
1
egli
i:
deliderato :
venga· a fua polla , ve lo giuro g/i
farit
farra
una gratiiTima accoglienza.
Stere Elifa tuero que! giorno immerfa in tosl
profondo pcnfiero , che parea un incantefimo;
ed il Mariro s· accorle la lera , chº efü atten–
deva fma1Jiofa, i/ punto dell'andar a dormire ;
IGli