che
DO?
riJpoJi •• ; Non
e
il mecodo .•• Co•
me non
e
il riletodo pagare al Re
il
rri–
buco ch' egli chiede: e pagarlo coa
le mi.
nori
fpefe, che Ji pofsa , e colla
prorog:i
minore! •.• Si, difs'egJi, quefio
e
il ct:>n•
ro che torna al Re, ma non il conto mio.
Che farebbe di me
te
fofse
pagato cofio
?
i.e fpefe fono i dirini della carica mia • A
cosi buoaa ragione non ebbi , che ripetere,
e
fenza incalzar altro andai a rirrovare il Ca·
po
fatcore, e gli difsi: due grazle vi do.
mando:
l'
una, che mi Jia leciro ogoi aano
di pagar la T'lglia per
li miei Vafsalli ;
l' altra che la liíla, in che fono nocati non
abbia altro' che le varia:i:ioni
'della pubbli·
ca cafsa • Occenni quanro domandai.
Figliuoli, diffi a' miei Paefani, da me al
mio arrivo raccolri
1
~·
aanunzio che da qui
in poi depofiterece nelle mie mani il giuílo
tributo , di che fiere debirori al Re • Non
ci fon o alrre veffazioni non alrre fpefe.
o.
gni domenica al 1Banco della
Parocchia ;
le mogli voílre verranno ad arrecarmi
il
poco , che avranno rifparmiaro ·, ed in tal
guifa avrere foddisfatto. Lavorare, coltiva.
re i rerreni voílri ,
bonificaregli ,
fategli
valere cento vol re piü : Ja
terra v' arricchi–
fca
:
non farete caricaci di piu : ve ne
do
\>arola , io che fono il Padre vofiro . 'Quel-
1i