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2.)
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greco veru no; affaporavano I' uno e
l'
alero pér
Ja
prima
V
olta iJ diJcttO deJJ' amare ; ed
e
Ja.
pura effen
za
dello Spirito,
que!
6ore per
CO!I
dire, di fenlibilira. Ma :Amore, che da diverli
caratteri
il color prende,
era
ia Celicur ferio,
e timoro
fo
in Agara dmnvolto, emaliziofctto.
Intant o ecco giunfo
lÍ
giornodell' annunzf:i r–
le il fuo
n
arrimorfÍ o
ce)
Signore di Lexergue ·
Va
I'
Aa tiquario a vilitarla, la rrova
fola;
e
l'
,
amor
fu
o le dichiara, fondatoli fulla parola del-
lo Zio. lo
fo,
le difs' el la fcherzando, che voi
mi vole te bene in prdlilo , ma io voglio un
marito da potergli voler be11e in faccia, e libe–
ramente velo dico, \•oi non liete pcr me •
Mi
dice, che avece
la
parola da mio Z io: ma non
mi fpofe rece (enza la parola mia, e
lliri10
di po–
cervi accerrare, cbe non
l'
onerrcte in vira vo–
llra.
i'o
e
e
i l Lex rgue pro
e
e
llar
Je
quanto volle,
che agli occhi fuoi ella palefava unite tutte le
bellezze della Venere de' Medici
:
Agata gli
delideru dclle Vrneri antiche , e gli dichiarb
che effa non era tale.
E'
in vollra mano , gli
diffe
,
tanto lo eípormi a far un difpiacere
a
mio Zro, quanto il liberarmi da quefro dif–
piacere. Se face che Ja colpa di quefra diífen–
fione cafchi lopra di me, mi date un' afflizione
1
fe
•e
incaricace voi medclimo mi face una gra–
zia;
e
quel meglio , che puo far uno quando
non
e
amaco )
¡¡
e
iJ
non farli odiare. Sono
VOJ
Jira umili ílima Serva.
L' Antiquario rimafe mortalmente offefo
d~I
1·ifiuto d · .Agata ; ma
!'
avrebbe diffimu la to pel'
fuperbia, fe non gliel avdle tracto di bocea
il
rimprovero, che gli venne fatto d' effor un man–
catore o!i parola.
11
Fintac, a cui andava moltJt
della