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che cof'a di piu foave , ma di piu folido no.
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queíle parole venner" interrotti , e
1'
Jn–
fendente
pa íleg~iancio
con Celicur folo , gli
do–
mando , íe il D ialogo era flato rappiccato benc.
Vaamente non cosl appunro, come
avrei
vo–
luta, riípofc il giovane ; m•
m·
ingegnero di
fupplirvi. Mi rincreke , rilpofe il Fintac , d'
avervi interrotto . Diflidliílimo fopra ogni altra
cofu,
e
il ripigliare il filo della Natura, lafcia–
toli un tratto sfuggir di mano. Sara quella ba–
Iord?., che non avra
fa
puto ben cogliere il vo–
Aro concetto.
Di
rempo in tempo el!' ha qual–
che barlume; ma in un
fo
bito (vanifce . Si puo
fperare,
~he
il Matrimonio la far!! Oonna da
~ualcoí'a
••. Voi dunque penfate a d>.rle mari–
to , domanJo Celicur, colla voce , che gli
tre~
mava in gola.
S\,
rifpofe il Fin tac; e per ce–
lebrare con dignita la feíla , ho poílo la mia.
fperanza in ''ºi. Avrre •eduto il Signor- Lcxcr–
gue?
~
uomo di gran fenno, e di profonda e–
rudizione • Do mia n¡pote. a lui .
Se
il Fintac aveíle po ílo mente al vit:O di Ce–
licur,
I'
avrebbe veduto impallidire
a
nuova ta–
le.
Un
uomo ferio , feguiro egli a dire, e tuteo
appli~azione,
qual
e
il Signare Lexergue, abbi..
fo¡na di qualcofa, che lo follev,,i ,
e
faccia [va–
gare . E' ricco, ba incl¡nazione alla ragazza ,
e
fra otto
di
la fpofera
¡
ma vuole, che la cofa lia
tenuta fegreta alfatto; ne
J:¡,
nipote mia ne
fa
.nulla ancora. Voi ne liete eccettuato : non
e'
e
miílero per voi
t~aHandoli
d'
una
unioRe , chil
.ice
eRere da voi cantata.
Oh!
!mene, oh
!
I~
meneo! fapere voi quello, che voglio dire ? Vi
domando un Epitalamio;
qu~llo
e
il punto di
.-endervi celebrato,
e
famo(o .•
J\,h
!
Signore .. ,
Non