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1 0

?tt

~A~~~A

che cof'a di piu foave , ma di piu folido no.

· A

queíle parole venner" interrotti , e

1'

Jn–

fendente

pa íleg~iancio

con Celicur folo , gli

do–

mando , íe il D ialogo era flato rappiccato benc.

Vaamente non cosl appunro, come

avrei

vo–

luta, riípofc il giovane ; m•

ingegnero di

fupplirvi. Mi rincreke , rilpofe il Fintac , d'

avervi interrotto . Diflidliílimo fopra ogni altra

cofu,

e

il ripigliare il filo della Natura, lafcia–

toli un tratto sfuggir di mano. Sara quella ba–

Iord?., che non avra

fa

puto ben cogliere il vo–

Aro concetto.

Di

rempo in tempo el!' ha qual–

che barlume; ma in un

fo

bito (vanifce . Si puo

fperare,

~he

il Matrimonio la far!! Oonna da

~ualcoí'a

••. Voi dunque penfate a d>.rle mari–

to , domanJo Celicur, colla voce , che gli

tre~

mava in gola.

S\,

rifpofe il Fin tac; e per ce–

lebrare con dignita la feíla , ho poílo la mia.

fperanza in ''ºi. Avrre •eduto il Signor- Lcxcr–

gue?

~

uomo di gran fenno, e di profonda e–

rudizione • Do mia n¡pote. a lui .

Se

il Fintac aveíle po ílo mente al vit:O di Ce–

licur,

I'

avrebbe veduto impallidire

a

nuova ta–

le.

Un

uomo ferio , feguiro egli a dire, e tuteo

appli~azione,

qual

e

il Signare Lexergue, abbi..

fo¡na di qualcofa, che lo follev,,i ,

e

faccia [va–

gare . E' ricco, ba incl¡nazione alla ragazza ,

e

fra otto

di

la fpofera

¡

ma vuole, che la cofa lia

tenuta fegreta alfatto; ne

J:¡,

nipote mia ne

fa

.nulla ancora. Voi ne liete eccettuato : non

e'

e

miílero per voi

t~aHandoli

d'

una

unioRe , chil

.ice

eRere da voi cantata.

Oh!

!mene, oh

!

I~

meneo! fapere voi quello, che voglio dire ? Vi

domando un Epitalamio;

qu~llo

e

il punto di

.-endervi celebrato,

e

famo(o .•

J\,h

!

Signore .. ,

Non