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16. *

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to farece che verrcce coleo , e di

Ja

ad un

momento non fa.rece

piu . •

Ah! Signora mia,

e pare a voi piccola cofa la felicica di effere

un momento folo? •• Finirono gli occhi fuoi

di dire quello che avea cominciato la bocea •

Ed io, diíle Agaca, nafcondendo

la

fua confu–

ftone, le la fcclca roccaffe a me, farei voci al

cielo d'effcre

cam~iata

in colomba: ch'

e!

la

{\efsa manfuecudine,

la

llefsa clemcnza . , Ag–

giuni:ecevi pure 1'affezionc ílefsa, e ta fedelca ;

si

Agaca, Ja fcelca

e

di voi dcgna. La colomba

e

l'

uccello di Venere • Venere fra Je vollre

pari vi ccrrebbe per

la

piu diílinra ; íarcílc

r

ornamento del carro di leí; Amoreli ripofereb–

bc full'ali vollre; o piu prello

vi

rilC.lderebbe

ne! fuo fcno. Dalla fua divina bocea

il

becco·

vol\ro prenderebbe J' ambrolia: Agac<1

l'

incerrup~

pe dicendogli che andava croppo avanti colle

linzioni. ARcora poche parole, difse Cclicur :

V na colomba ha compagnia,

fe

toccafse a

voi

ieleggere la vollra , qnale anima le dareíle

?

<¡uella d'amica, rifpofo. A queíli

de~ci

Celicur

füso in leí due ecchi, ne' quali vedea dipinco,

I'amore,

il

dolore, il rimprovero.

Bravi!Jimi, efclamo Jo Zio, Jevandoli itt pie–

di ' braviffimi: bella' e buona poelia

e

quella.

L' immagine della rofa ha in fe una frefchezza

degna di Van-ghyfum, quella della colomba,

e

un piccolo quadro del Bucher, il piu frelcio, e

g alante de!I monao,

ut p1Efor,. poefis erit

Co–

r

agr.jo

' fanciullo mio' coraggio : J' alle::oria

e

beniffimo foílenuta ; trarremo di vuoi buon frut–

to . J\gata , io fono rimafo contentiffimo del

vollro dialógo; e qui il Signore di Lexerguc n'

e

Jfololfo

meravi¡:liato quant' io '

e

vero.

difsc il

~i-