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vi peofavano punro, e
(e
non era io
1
la Come–
ta pafsava fconofciuta fopra il nonro Cielo ,
Jo non me ne fono gia gloriato, come voi po–
rcte credere
i
e lo dice a voi in con6denza .• ,.
E per qua! cagione la(ciarvi rubar l' onorc: d'
r.inavvifo di tanta importanza? •.• Oh l s' io
't'olelfi demandare la refütuzionc di quello, che
mi vien rubato, non la finirc:i
phi .
Cos\ in ge–
ner;ile, fappiate, ligliuolo Juio , che lo (ciogli–
l'llento d' un d11bbio, una fcopcrta, un pezzo di
poelia, di pittun, e d' eloquenza, con appir–
tengono canto quaut' altri crede a colui , che
gli arcribuifce a
(e.
Ma.
la
mirad' un vero ll)ten–
dente delle eofe' qua!
e?
Quella d' anitna,re gl'
ingegni nello llefso
tempo , in cui gli
rende
illuminati. Sia
l'
idea di quello bafso
rilievo ,
la
difpolizione ordinata di queílo quadro, tiene
le bel!ezze delle parti o quelle del
turco in
c¡uetla rapprefencazione da Teatro, dell'utill&,
o mie; e rnrc· una cofa per l' aunzamenro del!'
arti: quetlo e ,. unico mio penliero ' quello
e
quello, che m' importa. Ven¡:ono gli Arciíli :
io dico a. qu lli que!, che ne penfo, m' afcol–
tano,
(e
ne profictano : va benilfimo ; quanda
fono riufciri quella
e
la mia ricompenfa. Cola.
l>ellilfima, dice Celicur:
l'
Arri debbono tener–
vi per un Apello. E la. . isnora Agara , li de–
~na
el!.. d' e!sere la Mufa di quclld ••• No :
fa nipote mía
e
una fvenraca : io ho proccura–
to
-!'a
llevarla con atteRzione, ma ella, non ha
atcirudine a
le
una agli íludii
L•obbligai a vol–
gcre gli occhi alla íloria ; mi rellicul
i Jibri ,
dicendomi, che non imporrava punto il legge–
re ; pcr
tr1>vare in ogni fecolo certi
famoli
paz¡o;i, e l>ricconi arditi a¡girare uDa molciru-
dine