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daoza, che apprdlava. pel vegnente giorno

la Duthelf« di ; •• Tmte Je galaoti fem.

mine quivi

foco invitate:

fe il

Marito

vo.

llro con vi lafcia aodare, fara uri

rratco,

i:he chiamera vendetta

1

e noi

vi

conliglia.

ino da vere amicbe di

cogliere q uetla oc.

~a

lione ; per far nafcere romore , e fepa–

tarv i. Q_uantunque Ortenfia J.:mtaniliima

fofo

fe

dal voler feguire conligli cosi violenti,

avea pero dif¡iiacere in cuore, vedendo, che

fuá sfortuna era vicioa

a pa{efarli al

inondo ; e che inutilmente

farebbe

!lata ri–

cercata cnn gli ccchi, in

l.li

fe{\e , e

fo.

lennita , nelle quali poco

tempo prima

s•

ha vecluta adorara. Quando giunfe a cafa

l_e

fu confegnaro un biglieuo

~

lo

Jelfe im–

paziente, e dappoiche

I'

ebbe

letto fofpiro ;

I:o teoea ancora con mano

trem~nte,

quan–

do

il Mariío le

íl

accoílo . Quefi' e gii dif–

fe ,

traícura,t<¡¡Ílente , un

invito pe! hallo

della Duchelfa di , ••

E

cosi Signora

i'

•.–

E

cosi , Signore , non

v'

andero: datev i pa.

ce. Perche du nque , Ortenlia , velete voi

privarvi degli onefii piaceri ? Vi fono da me

vietati ?

L'

onore ; che

vi.

vieo fatto piace

a me, quanto

e

caro a Voi aodate a co–

te!\o Bailo

e

fate

fparire davaoti

a

Voi

·quan ro

vi

fara di piu graziofo ed amabile :

lara per me uü trioofo:

Or~eufia

neo po–

h~

oafcondere

Ja

íua maraviglia ;

e

1'

allCil

grez·