perdono, impongono a chi guadagna
1'
ob·
bligo dello fiare fuíliegari , aola che a
me
pare. non poffa combioarii con un' amicizii
Jib~ra
• La cena
fu
una delizia ; la giovia–
lic11 , ed il buon µmore
s'
aggirarono incor.
no a rurca la tavola. lngeg¿o , e auimo
rrovaronfi e!fere a lor grandiliimo agio. L'!
gal<1nceria
fu
di ral forca, che la verecon·
dia vi poce fiare' e applaudir vi' ne deceo–
za e Jiberca
fi
cennero
ia
anguflia
I'
un~
foil' alera ,
Se Orceniia
li
folfe trovara in alero
lh–
to di fpirito ,
a
vrebbe affaporaci benillimo
c¡ue•cranquilli dilecci; ma il crederli quivi
poíhecca , e tenuta a forza era un' idea
1
~he
;ivvelenava in lei ogni dolcezza.
Nella vegnenre
matcio~
ebbe maraviglia
il
Lufane , crovand' aria piu libera ,
e
gio.
viale: s'accorfe beniílimo , ch' ella avea pre.
fa
qualche nuov¡i rifoluziooe. Che facciamo
noi oggidi? le domando. Vado , rifpos'dla
1
al Teaero, e ricorno a cenare a ca
fa • • •
Beniaimo , e con qullí Signore andrete in
.compagoi~
• , . Con due amiche del
Val.
fon,
O
limpia, ed Arrenice. Oh
!
gli
e
pu-
1e per me una difgrazia 1:rudele, ch'io dcb.
b:i.
darvi concipuameote difpiaceri
:
ma
l
Orcen iia , perche mi riducete voi a tal paf.
fo?
Crederefie voi mai, ch' io feguiffi cos\
µ¡ale le maffime da me
fondac
e,
cb'
io
coq.,
.
· ·
S
~
fe¡¡·