dello Stato , a cui m'avece ridotco. O ami–
co mio, diífe al Duraozone ,
'luivi giunto
allora , eccomi fprofondaro : ben me l'nete
predetto. ll romore facto aafcere da
lei
e
il mio difooore. Mi vien tolu la mía ca.
rica, ed
il
mio Stato • 11 Duranzone fece
villa di
rimaoere a cosi
fatta auova del
rncco opprello. Non v' incimorite , gli diffe
Acelia.-
il vofiro creditO'
e
aaicoraco
:
ne
vi perderete altro , che ia fpavencevole nfu–
ta, che volevare crarre dall' amico
vo!~ro.
Si, Melidoro ,
9oi vedere in
lui il nofiro
ufurajo, il ooílro darore di prefianze
fo
i
pegni:
lo,
Signora •••• Sl, Signore, voi
vo~
áppunto; e n'ho la prova nelle maoi • Ec–
cola, difs' ella al marito. Ma e'
e
altro ao•
cora ; quello leale, e degno amico vi facea
pagare a ILionora
le grazie ch' egli area
ricevure da lei ; ecl ave¡ l' ardire di fedur–
re la moglie vollra coll' informarla de' vo_
flri amori, ed era la voílra
rovina ,
roa•
(cherato
fott'
altro nome • Ah
!
quefio
e
trop.
po, diere il Duranzooe ; e gia levavafi per
ulcire. Due parole ancora ,
difse Acelia •
Fra un' ora vi fara rratta la mafchera ;
la,
Citta, e la Corre fapra chi fiete ,
in ogni
Juogo fa rete mofüaco per infamia
a dito ,
fe in 'lueflo punto non arrecate al mio no•
tajo, dove io anderO. ad atreodervi ,
i
pe–
gni, e
~e c~rte,
che avete di Melidoro. 11
J;>u.