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~~Ai'U~~:A
braccia quell' iniqua
1
ed avro il piaccre di
la–
var ne! fuo fangue la mia ingiuria , ed il
fuo
rapimento.
Gli riufcirono le fue ricerche fenza pro • U
;!t
11
r~ºP~m
1
b~:vjlic~~~¡~~: ~n dii~~~º. ¡1i°eL~zª;
ilette duuque pel corfo di quindid giorni in un
affanno mor tale, e li era certo, che il Soligny
l'
aveffe rapita, e quello
cooc~tto
lo llorno da
ogni altro penlic:ro .
Tanta era la fua
impazienza , che mandava
ogni giorno per fapere fe il fuo rivale era ri–
rornato; finalmente viene avvifato
l
ch"
e
giun–
to in t¡uel momento• Vola alla ca
fa
di lui in-
• focato d' ira
¡
e la cortefe acc?Oglicnza del ca–
valiere altro nen fece, che llimolar la fua col–
lera di piu . Caro Conte mio, gli diífe il
So–
ligny , voi avece chielfo di me con premura
:
in
che poffo farvi fetvigio. Nel liberarmi , ri–
fpofe il Luzy divenuco palliolo , o
ci'
una da
me abbominara vira, o d' un rivale da me ab–
borrito. Voi ln'avece rapito la Donna mía,
non vi rimane alero a fare, che cavarmi il cud–
re .• Amico mio , rifpofegli
il Cavaliere , io
non ho minor voglia di quella , ch· abbiate voi
di {egarmi le canne della gola ¡ tanto fon fuo–
ri di me pcl difpetto , ma ben vi dico , che
non verro a ca1 pro\ra con voi , fe me/ conce–
d ece. Facciamoci dunque prima da
JI'
intenderci
chiaro. Voi dice, che v'
e
llaca rapita Lauret–
ra: io ne fono affiicilJimo: Ell• era bella ;
m~
foil'
onor mio, non fono flato io quegli. Non
e
gia ch' io abbia puacigli di dilicacezza in rali
facende: quando li tratta d' amore ,
Ja
perdono
G
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a¡:ü