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~

105

*

~~Ai'U~~:A

braccia quell' iniqua

1

ed avro il piaccre di

la–

var ne! fuo fangue la mia ingiuria , ed il

fuo

rapimento.

Gli riufcirono le fue ricerche fenza pro • U

;!t

11

r~ºP~m

1

b~:vjlic~~~¡~~: ~n dii~~~º. ¡1i°eL~zª;

ilette duuque pel corfo di quindid giorni in un

affanno mor tale, e li era certo, che il Soligny

l'

aveffe rapita, e quello

cooc~tto

lo llorno da

ogni altro penlic:ro .

Tanta era la fua

impazienza , che mandava

ogni giorno per fapere fe il fuo rivale era ri–

rornato; finalmente viene avvifato

l

ch"

e

giun–

to in t¡uel momento• Vola alla ca

fa

di lui in-

• focato d' ira

¡

e la cortefe acc?Oglicnza del ca–

valiere altro nen fece, che llimolar la fua col–

lera di piu . Caro Conte mio, gli diífe il

So–

ligny , voi avece chielfo di me con premura

:

in

che poffo farvi fetvigio. Nel liberarmi , ri–

fpofe il Luzy divenuco palliolo , o

ci'

una da

me abbominara vira, o d' un rivale da me ab–

borrito. Voi ln'avece rapito la Donna mía,

non vi rimane alero a fare, che cavarmi il cud–

re .• Amico mio , rifpofegli

il Cavaliere , io

non ho minor voglia di quella , ch· abbiate voi

di {egarmi le canne della gola ¡ tanto fon fuo–

ri di me pcl difpetto , ma ben vi dico , che

non verro a ca1 pro\ra con voi , fe me/ conce–

d ece. Facciamoci dunque prima da

JI'

intenderci

chiaro. Voi dice, che v'

e

llaca rapita Lauret–

ra: io ne fono affiicilJimo: Ell• era bella ;

m~

foil'

onor mio, non fono flato io quegli. Non

e

gia ch' io abbia puacigli di dilicacezza in rali

facende: quando li tratta d' amore ,

Ja

perdono

G

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