fe,
un
uomo, che non
s'
ab)andon11 cosi
al primo.
N'
ho maggiore l\inu • Si ralle,
gra col Signore di La va! incoroo allc deli.
+ie della
fua
folitudioe .
Voi
1
dil:Se , veoice
qu\ a
vivere loncaoo dagli uomioi,
e
avece
ragiooe di fuggir da loro •. , lo Sigoor mio,
oon fuggo dagl i uomini . Non fono ne cos't
debole ' ch
1
in gli 1eq11 ' ne fuperbo ' che
gli difpregi ,
n~
ho la dífgrazia d' odiargli,
Tal rilpolla ne veon5
CC'S\
aggiulhra , che
Alcefi~
fe ne crovo fooncaraw. Volle pero
fofieoere
I'
efordio , e cominciava a
fH
la
facira
del
mondo, lo,
ho
farta la vira mia
il
mondo, quanto un'
al
ro , di/S' egli il
Signore di Laval,
~
nQn mi fonoavvedu co,
~he
lia
cos·r rriílo . Vi
fo
0
o
vizj
,
vimi
1
bene
1
e a¡ale, lo confelfo , rna quefia me.
fcolanza e in oarura, e coovien fapere ac,
comodarvifi.
In
verír~,
in cosl farta mefco.
lanza, piccola cofa
e
il bene e canco
vi
Si·
gnoreggi4 il male, che qudlo affoga quel1
lo. Ei, Signore, ripiglio il Vifconce ,
fe
taoco deiTe, che peo
fa
re i
1
beoe , .quaneo
il
male , e che
s'
a vi:Cfe Jo ílelfo caldo ne!
pubblicarlo, e
vi
folfero Manifeíli ., e car·
telli per Ji buoni efempi, come ce ne fono
per li cacrivi, credece voi, che il beoe noQ
deffe
il
e
rollo alla bilancia? Ma
la
gracicu–
giae
parla
cosl ¡;iirno,
¡:
la
q
uerimonia pre,
D 3
die~