ho ali.:
cariche
un' avverliooe
iofop~rabi.
le •. , Che volete
dunque
che úa
di
vni? . ••
Mia
madre
avea
il
penfiero ·ad un
offizio ,
che, da
nobilca
1
che non
obblig1
a
cofa
ve.
;una, e _che
puo
efercitar1i
in Parigi
Ho
inrefo ,
figliuol
mio, vi
penfeco :
nobj,
iiffi111a vocazione
e
queíl:a •
Oh
!
oh
!
io
v¡;>ggo beoe ,
diífe
l'
uom
dabbene fra
se
1
che
tu
yuol
•Í<ere feoz1
far aulla: ma
s'
io polfo
1
noa
f'
andra fatto qutl che peo
fi.
Una carica ,
che
da
unbiltlt ,
e
non
obbli–
ga a
nulla
?
Bellii!ima
comodita •
Ed
a
qual
fine
airro
io piu ,a conlumarmi tra Je
üciche,
e le ioquierudioi?
R
ipoúamoci , e
non ci diamo oggi mai
alero
penliero fuor
quello' che
forle
av ro
avuto troppo tardi ;
d'
ilfuminare ,
e
indirizzare un figllnolo •
che non mi prefagifce
alero
che difpiaceri:
perche chi ama l' ozio, ama
i
vizi,
de'qua.
li eífo ('\ padre.
Ma
chi
puo
dire qua! fu'1'e
l' afflizione
di
Timante,
qu~ndo
egli intefe, che
il
fi .
gliuol fuo ,
ebbro d'
alcerezz:t ,
e
immerfo
nelle diffolucezze
1
s' era dato a
tutti
i
v
¡,
zj: a
vea don
ne,
adul<1\0rí ,
da
va
fpetraco.
li
1
convici, e giuocava rovinofunente •
L'
errore
e
mio , diffe
T iml>(lte ;
a me cocea
rimediarvi: ma in qua! forma-f Prefa
e
l'
abicudine; il guíl:o del vizio ha facti avan.
zameuti
gra11di: tenere a
freno quello pa!To
gio.