Noa
e'
e
uomo in Parigi , ch' abbia can.
co numero d' amici quanto un uomo ricco,
e pro::ligo . QEei di Melidnro , feco cenao.
do, nen lafciava no di dargli mi lle lodi
fu(
vifo; e tanco erano onefii, che per farfi beffi:
di lui , arrendevano d' elfedi parciti dalla
tavola.
1
fuoi credicori , che ·fempre ere.
ícevano di numero, non ernno cosl com–
piaceoci: ma
1'
amico Duranzone ne cene.
va
la
turba loncana . Sapea ben egli, dice–
va , in qual fotma faceali flare quella
ca~
naglia. Pu re, poiche non t utei era no ti–
moroli ugualment@, di tempo in cempo
conveniva , per acchccarc i piu ribelli , rL
corrue ad alrri efpedienti: e il Duranzone,
lo1Co un fuppollo oome, accorrendo ad aju.
tare I' amico, gli pre!hva fol pegno ,
~qn
g roCfülima ufura •
QEanro piu cadevano in iíconcerto gl'
interelfi di Melidore, egli meno volea, che
gliene foCfe parlaco . Face
voi ,
dicea al foo
far rore, io Jonofcrivero , ma lafciacemi in
pace. Finalmente ando il Fatcore a dar_
g li anounzio, che non fapea pil\ dove dar
del !:3po ; e che le fue facolui oe farebbero
Hate fra poco fequefirace . Melidoro ne die_
de la colpa al fartcn e, e gli diCfe, ch' era
un bricco ne. Sono rutto qnello, che voi
V<'I
re , r ifpoíegli quieco
il
fJrcore; ma vd
!ie.