difs' ella , non v' abbandonero ,
le
voi
vi
de–
gnace di menere la 1·0{\;ra fede in
me . Ma
domaodovi una fiJucia inrera ,
cd
un picno
porerc di reggere la mía ca
fa .
Melidoro, al pen fiero del dover avere la
moglie per fuo rurore ,
li
ten ne p•r avvili–
to , e le di!fe ; cho male
a
pro~oliro
s'adom•
brava¡ e che non avrebbe com porraro mai,
ch' elll
per
luí
fi
meue!fe
a
que' fatlid j
domeí\ici . •• Non, Signare, gli ho piu ch'
io non dovea, tra frurati : quefio corto non
l'
avro mli
piu. Penso egli di non avere
a
contrailarle piu oltre ;
e
la
matrina vegen·
te cílendofi
i
credirori raccolri
infi~me ,
dilfe
loro : Signori miei , le voílt11
vifite
m'
han.
DO
flanco: eccovi Ja Signara, che
fi
com.
piaced
d'
afcol rarv i, trarr ate feco, e procu.
rare
d'
accorda rvi. Signori miei, diffe Jorct
Acelia , con aria da prudente , ma ri folura:
quantunque
)J
mia
facolr~
fia de' miei
fi_
gli uoli, conofco effer cofa giufla, ch' io pre–
lli con e!fa
~jato
al Padre di quell i ; ma
voglio, che v' entri la buona fede. Le
per.
fooe oneíle mi ritroveranoo puncuale
j
ma
non
m'
obbligo per nulla al fe mal ooelle
e
rrifle, per fupplire afie pazzie
d'
un prodi–
go. Domard m' arrecherete
la
copia delle
volhe ragioni . Non voglio alero tempo ,
che
quello
del
fa
roe efame :
non
vi faranno
iodugi .
Non