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.ziare mani
ti
fono ofcure. Che peccato , che s\
bella cofa fra nara in uno flato vile
>
e non co.
rof~iuto.
.
-
Lauretta, die nel fuo yillaggio non avea mat
defiaro alt{O, che!' invidia, rimafe alquanto me–
ravigliata di rifvegliare la compaffione . Siccome
il Padre fuo procuran per ogni modo di n;¡,f–
conderle tutto quello, che avrebbe potuto d.r–
Je di(piacere, non !'era mai caduco in penliero
¿·
etfer de:,:n.i di pietil . Ma volgendo gli occhi
agli ornamenti di quelle donne, s· accorfe, che
;>-veano ragione .
~anta
era
I;¡ diiferenza fra'
Joro ,.efiimenci, e
1
fuoi
!
qual ,.¡fiolitii, e qua–
le
fplendore avea quel drappo di feta leggiero
in lunghe pi_eghe ondeggiante intorno ad elfo
!
quanca dilicacezza in quelle loro calze, e fcar–
pe
!
Con
quanra grazia, e leggiadria erano que'
capelli ordinati
!
Q.ual nuovo garbo agr¡iunge·va-
110
que' finillimi pannilini, que' nafiri, que' mer–
letti a cerce bellezze mezzo fielate
!
Nel vero
cotefie donne non aveano
l'
aria viva d' una
fio~
rita falute ; ma come mai potea Laurctta cre–
dere, che quel luffo, che
J'
abbagliava fotfe ca–
gione di quella lani;uidezza , che non potea ef–
fer ne meno da! lifcio fatta comparire altra d:>.
1ucllo, ch'era in effi:tto
~
Mentre che a
tune
queíle cofe profondamente penfava, le
s'
accofia
il
Conce di Luzy, e
I'
invita a ballar (eco. E-
~~~0e~a
&1;:;ee
i.!~~~~t:en
fatto, e pur troppo,
· Comecch'ella non aveffe un finillimo gufio ne!
bajlo, pure non tralafcio pi notare nella nobil–
ü,
aggiufiatezza , e Jeggierezza. de' movirnenti
del coj1te un garbo, che non
li
l•edea ne' lanci
pe'
giov3n! villani . Gh era accaduto piu
vd¡ce