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tulle le grazie del la perfona lua con queJI•

aria traente a fe della volutta, avrcbbe ri–

trovato ne' fuoi principj , nella feverira dt'

cofiumi fuoi, di che poter conrrapporfi alla

feduzione ;

roa gl-i parea di vedcre cotetla

giovane amabile , appaílionata quan¡' egli "

piu debole , e colla fofa difefa d' una pru.

denza, che non era quanta la foa, abba n.

doaarfi innocentemente ad un' inclinazione,

donde avea a nafcere la fua cala mita¡ e la

pieta , che di cio fontiva , era nutrimento

ali' amore. Dolente de' mali , che a Jei era

per cagionare , non potea

immaginarfi

Je

fue lagrime , fooza peníare a que' begli oc–

chi, che doveai;io fpargerle, a quel nafcen–

te fen o , che avrebbero bagnato; per modo

che la rifoluzione del!' abbar.donarla gliela

rendea piu cara ancora ; e vieppiu a lei fi

firingea, mentre che volea lafciarla •

Md

fecondo ch' egli andava

ricooofcendofi pi u

debole, piú di venta va. TralafciamG oggimai,

dicea fra

fe,

quefi'> valer guarirci : inurili

fon o tali sforzi , e m i coufumo in elli • E'

un accelfo di febbre: fi

lafci palfare. Ardo,

languifco , muojo ; ma qui bafia

la folfe–

renza : di quello

1,

che ho dentro , non ho

a render conro ad alcuno. Purche nulla mi

sfugga al di fuori , che la mia pallione di–

lcopra , 1' amico mio non ha di che quere–

larfi • L' elfer debole

e

una sforcuna ,

non

H

4

aL