A Meafa Timaate
fu
cosi lieto che fe
pe
maravigliava oguuao. Alcimoae peofan:
do a! la richiefia , cbe fatta gli a
Y
ea , eq
i\Dpaziente di pur vedere
!'
uomo propofto•
gli, non percio tralafcio d'
abbandon~di a~
piacere di ritrovarij coll1 amico ; aozi ebbe
anche la boata dí parlare con Timaoce i l
giovane. Yeggo, dillegli, che fiete la con.
folazione del padre vollro. Parlafi della
vo!
flra atteozione agli affari , e della
capacit~
vol\ra lodevolmente, e la
condizion~
vofira
!ia quello vanta,ggio, che
µn
uoll!o capace,
ed onello non puo
f
4re a meno <Íi non riu·
fcire. Ah , amico mio, ripigliO 'fimante
il
V!!Cchio
!
Lungo tempo ci yuol\) per fa re
I~
propria fortuna, breviliimo per dillorla.
Gli
!:
pu re un gran male, ch' io non porra
pi~
offerirvi
la
mia
!
Oh
!
come di cuore , il!–
luogo di proporvi uno eftraoio per ifpofo di
quella amabile figliuola , avrei
procurat~
quefia felicita ¡¡I mio figliuolo, L' avrei rre–
ferito ad ogni alero giovaoe, dilfe Alcimo.
ne ••• Dite voi
il
vero~
• • •
11
mio der.
to
e
Ja fierra fincerica. Ma
voi
p.urfa
pete,
che quand' uno • efpone ad acq uifiare una
nu01erofa famiglia, ba ad avere di che man·
tenerla ,
S'
altra oppofizion!I
¡lOll
c'
e,
diil'e
rimante,
l'
affare non
e
difperato ' e c'
e
µiodo d' efsere d' accordo. Diceudo cosi ,
fi
?arti dalla Tavola , e ritornato di
U
ad
un
un