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CANONES CONSCIENTilE

55

il

1650

1

col proprio nome del

Bonfil.

(Si

consulti il Tola,

Biºografia Sarda.)»,

dice

también á este propósito Melzi (m,

l

3").

Pero, de seguro, que ni vió Melzi la edición

que cita «col proprio nome del

B oufil»,

ni

para citarla tuvo más fundamento que el

que se imaginó hallar en Tola, á quien uos

remite, y cuyo dictamen merece, en efecto,

ser conocido por la gravedad que encierra.

Escribe así en el articulo de Juan Vicente

Bonfil: «Abbiamo da lui un' opera intitolata

Cauones co11sc1e11ttae,

un vol. in

4.º,

ch' egli

dedico a D. Andrea Manca arcivescovo

turritano.... La suddetta opera del Bonfil

fu ristampata ne!

J

651

sotto il finto nome

di TEOFTLO ALARIO chierico barnabita, il

quale si credette trenta anni dopo fosse un

P. Gavino Carta della Compagnia di Gesu ;

errore certissimo, come dimostraremo a suo

luogo, parlando di questo scrittore gesuita

del secolo xvu» (r, 135-36).

.

En el artículo del P. Carta (que es el lu–

gar

á

que se refiere), añade lo siguiente, con

pretexto de la 3." edición de la fámosa

Gtfia:

«In questa terza edizione affermo il Beati

ne! prologo ai lettori, che il P. Carta fu

altresl autore d'un trattato morale sulla

coscienza intitolato

Ca11011es de co11sct"et1tia,

scritto in lingua latina , e pubblicato ne!

1651 sotto nome di

Teofilo A/ario chierico

barnabita

(un vol. in 4.

0

)¡ il qua! trattat0

1

dice il Beati, sebbene apparisca impresso in

Lione di Francia coi ti pi Bonfiliani, fu pero

stampato veramente in Sassari nella tipo–

grafia di donna Margherita Scano di Cas–

telvl. Ma qul il Beati o fu tratto, o volle

trarre altrui in errare, perche l'edizione dei

Cauom· di· coscieuza

(

Cano11es co11scie11ti"ae)

del

i 65 1

fatta sotto nome di Teofilo Alario

coi supposti caratteri della tipografia Bon–

filiana,

e

una semplice ristampa dell' opera

di Giovanni Vincenzo Bonfil, da noi gia

citata, allorche ci tocco parlare di quest' au–

tore, come apparisce da! confronto di am–

bedue le edizioni. Per qua! fipe, o per quali

accidenti !'opera del Bonfil sia stata ristam–

pata sotto finto nome d'autore e di tipi

stranieri, noi non possiamo indovinarlo :

bensi possiamo guaren tire la proprieta dello

scritto al Bonfil, e coll' edizione piu antica

gia citata a suo luogo, in cui egli se ne qua-

lifica autore, ne si legge in verun luogo il

nome di Teofilo Alario, e col testimonio di

una lettera autografa del

6

maggio

1646

da

noi posseduta, e diretta dall' arcivescovo

D.

Andrea Manca a Gio. Vincenzo Bonfil

in Castello-aragonese, con la quale, rendute

grazie al!' autore della dedica fattagli

dell'opera sua, encomia il suo sapere e le

sue virtu. Senza di che, sarebbe stato an–

cora da maravigliare, come il Ribadeneira,

e quindi i suoi continuatori Alegambe e

Sotwello, nello scrivere del

P.

Carta nella

ponderosa biblioteca loro dei PP. della com–

pagnia di Gesu, non avessero fatto t:enno

veruno di questa opera anonima del P. Car–

ta¡ essi che pur menzionarono l'altro suo

opuscolo anonimo

Guia de co11fesores,

e che

le notizie degli scrittori sardi detla compa–

gnia ricevevano da Sardegna, dove, special–

mente in Sassari, non potea essere ignorata

la composizione di questa altra opera piu

importante, se fosse stata del Carta vera–

mente»

(1

1

186).

Hay t.antas cosas inexplicables en este

párrafo, que sospechamos que el Sr. Tola lo

debió de escribir sin reparar en lo que es–

cribía. Por lo pronto, el P. Ribadeneyra,

que había muerto ya á

22

de Septiembre

de

i6u,

es decir, cuando sólo contaba siete

años de edad el P. Carta, mal podía men–

cionar su

Guia de confesoref;

mal podía

mencionarla también el ·P. Alegambe, cuan–

do se olvidó por completo de introducir al

P. Carta en su

BibHotheca.

Además: ya que

nos afirma que la supuesta edición lyonesa

de

i651

es una «semplice ristampa del!' ope–

ra di Giovanni Vincenzo Bonfil , ¿á qué

omitir la descripción bibliográfica de ésta,

con indicios vehementes de no haberla visto

siquiera ni tener noticias ciertas de ella, á

pesar de lo que aüade luego, del «confronto

di ambedue le edizioni»?

Si no nos contuviera algún tanto la ase–

veración y seguridad con que afirma que en

la «edizione piu antica» no se lee «in ve–

run luogo il nome di Teofilo Alario », juz–

garíamos que realmente no tuvo Tola otro

motivo para su afirmación que la especie

vaga deque debía de existir una edición de

los

Ca11011es,

en cuya portada misma apare–

Gía el nombre de Bonfil

1

y cuya dedicatoria